I termini siciliani che non si possono tradurre in italiano

Non potevamo non dedicare un articolo ad alcuni termini che caratterizzano la nostra lingua siciliana. Ovviamente sono solo alcuni ma sono quelli che ancora oggi vengono più utilizzati:

CAMURRÌA

“Chi camurrìa” o “Sì ‘na camurrìa” sono espressioni utilizzate per fare riferimento ad un tipo di seccatura o di fastidio insistente e reiterato nel tempo da parte di persone per l’appunto “camurriuse”.

 

PERI PERI

In Sicilia, specialmente a Catania non si usa “andare in giro”(traduzione) ma si usa “iri peri peri”.

 

ANNACARSI

In Sicilia si usa l’espressione imperativa “T’annachi”, la forza esortativa non è minimamente paragonabile a quella del corrispondente “Muoviti!” in italiano.

 

AVAIA/ AVÀ

Questo termine è probabilmente usato solo nel Catanese. Nel corso di una discussione l’esclamazione “avaia” può essere tradotta con “ma và”, “suvvia“, “dai”, ma con il triplo dell’enfasi.

 

ARRIMINARI

Significa “rimescolare”. I contesti in cui usarlo potrebbero essere: “Arrimina a pasta!”; o durante una giocata a tombola siciliana “Arrimina” per esortare colui che chiama i numeri a rimescolare per la busta per cambiare la sfortunata sorte.

 

ACCÙRA

“Fai attenzione”, nella parola “accùra” si racchiude tutta la preoccupazione, la paura e l’apprensione per qualcuno.

 

AMMIZZIGGHIATU

Letteralmente significa “colui che vuole essere coccolato”: con questo termine in siciliano si è soliti riferirsi a bambini o a ragazzi capricciosi.

 

MAPPINA

Nelle cucine siciliane non esiste lo “strofinaccio” esiste la “mappina”.

UNNI CCI CHIOVI CCI SCIDDICA

Letteralmente si traduce con “Dove gli piove gli scivola”. Si fa riferimento ad una persona a cui va sempre tutto bene e che non si preoccupa di ciò che succede.

 

AMUNINNI

Significa letteralmente “Andiamo!”, ma l’espressione siciliana potrebbe avere in sé una connotazione molto più forte, talvolta simile ad un rimprovero.

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